La storia di questo abisso è singolare: a partire dal luglio del 1989, nel breve volvere di un’estate, un incessante lavoro di disostruzione da parte di tre speleologi, ed una serrata campagna di esplorazione, portava già alla profondità di 906 metri. Mai nella storia della speleologia mondiale una grotta ha visto tanti speleologi, italiani ed esteri, partecipare in tempo così ridotto, alla sua esplorazione.
L’abisso Cul di Bove è una grotta molto tecnica, difficile, ricca di salti, meandri, condotte, laghi, cascate e frane; per scendere sul fondo e risalire in superficie, cosa che ben pochi riescono a fare, anche a grotta già attrezzata, sono necessarie una trentina di ore. Oltre al tempo, richiede grande dispendio di energie nel trasporto dei materiali per la parte verticale. Il grande meandro, infatti, precipita dopo quasi tre chilometri in una serie di ampi pozzi sferzati dall’acqua del ruscello, molto pericolosi in caso di piogge esterne quando il torrente va in piena e rende problematiche discesa e risalita. (T. Bernabei). Questa grotta è ancora tutta da esplorare nei rami laterali e nelle varie risalite che si intravedono. Probabilmente la stessa è in comunicazione con Pozzo della Neve, ma finora non si è approdati alla congiunzione. La curiosità potrebbe consigliare desideri di avventure; pericolosi, se attuati senza la guida di chi conosce gli abissi e le tecniche specifiche per procedervi.